LA CORTE DI ASSISE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di Donnarumma Ciro. L'imputato ha richiesto il giudizio abbreviato, il p.m. ha prestato il suo consenso ed e' possibile decidere allo stato degli atti. Deve quindi procedersi a giudizio abbreviato ai sensi dell'art. 247 del d.P.R. 28 luglio 1989, n. 271. Il giudizio abbreviato deve svolgersi in camera di consiglio, senza la pubblicita' propria del dibattimento e pertanto dovrebbe essere allontanato il pubblico presente all'udienza. Il giudizio abbreviato si differenzia da quello ordinario perche' si fonda sugli atti e - pur prevedendo, nel rito del periodo transitorio, l'eventualita' dell'interrogatorio dell'imputato - non prevede assunzione delle prove. Il giudizio abbreviato, pero', come il giudizio ordinario, attribuisce cognizione piena al giudice e puo' concludersi con sentenza di assoluzione o di condanna. La non pubblicita' del giudizio abbreviato rappresenta una anomalia non legata a profili strutturali di tal tipo di giudizio. Essa e' stata prevista per fornire in incentivo all'imputato (accanto alla diminuzione di pena) e spingerlo a richiederlo. La scelta operata dal legislatore presuppone tuttavia che la pubblicita' dei giudizi rientri nella disponibilita' delle parti. Ma cosi' non pare che sia, poiche' essa costituisce principio da ritenersi implicito nel disposto costituzionale dell'art. 101, primo comma, della costituzione, che pone uno stretto nesso tra giustizia e sovranita' popolare. In tal senso ha concluso la Corte costituzionale con la sentenza n. 50/1989, riportando il detto principio all'ambito delle garanzie proprie dell'ordinamento, piuttosto che a quello dei diritti dell'uomo, coma sarebbe stato possibile sulla base della sola considerazione delle convenzioni internazionali che non trattano. Se ne puo' cosi' trarre la conseguenza che al popolo deve essere consentito di conoscere come la giustizia venga amministrata e cosi' tra l'altro esercitare i diritti di cronaca e critica di cui all'art. 21 della Costituzione. A tal fine e' evidentemente insufficiente la sola possibilita' di conoscere il tenore delle sentenze, mentre e' altrettanto necessario conoscere le modalita' di svilgimento del giudizio, le argomentazioni delle parti e gli elementi sulla base dei quali il giudice decide. La pubblicita' dei giudizi e' indisponibile da parte dell'imputato e, a maggior ragione, e' indisponibile da parte del pubblico ministero, che pure - secondo la relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale 1988 - potrebbe valutarne la convenienza ai fini dell'espressione o del diniego del consenso al giudizio abbreviato. Per altro verso, dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 66 e n. 183 del 1990, l'estraneita' del profilo qui considerato all'ambito delle valutazioni del pubblico ministero (che deve determinarsi solo in considerazione della possibilita' di decidere allo stato degli atti) rende il solo imputato arbitro della pubblicita' o segretezza del giudizio. Un simile sistema riflette un fondamento del principio di pubblicita' dei giudizi legato al solo interesse dell'imputato. Esso invece fa capo, non solo a tutte le parti processuali, ma anche, in ogni caso al popolo, titolare della sovranita' dalla quale l'amministrazione della giustizia promana. Puo' essere discussa la portata della nozione di "giudizio" della cui necessaria pubblicita' si tratta, ma comunque il giudizio abbreviato, per l'oggeto che lo contraddistingue, certamente vi rientra. Il raffronto con il procedimento che si svolge avanti le commissioni tributarie, cui si riferisce la sentenza n. 50/1989 sopra citata, appare decisivo in proposito. La frequenza del ricorso al giudizio abbreviato, nel periodo transitorio e in quello di piena applicazione del nuovo codice di procedura penale, d'altra parte, giustifica la preoccupazione per l'entita' e la pericolosita' della lesione che, con la norma di cui si discute, il principio della pubblicita' dei giudizi penali ha subi'to. Le eccezioni alla pubblicita' del giudizio penale ordinario, riconosciute ammissibili dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 50/1989, attengono a specifici aspetti o circostanze che caratterizzano il giudizio. Non sarebbero compatibili con il principio costituzionale di pubblicita' dei giudizi, quelle eccezioni che si legassero soltanto al rito processuale prescelto ad iniziativa delle parti. Tutto quanto esposto indica che non e' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 247, secondo comma, del d.P.R. 28 luglio 1989, n. 271, per contrasto con l'art. 101, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede la pubblicita' dell'udienza in cui si svolge il giudizio abbreviato, la questione e' rilevante nel presente giudizio, che deve svolgersi con rito abbreviato e con applicazione della norma ora menzionata.